sabato 26 aprile 2008

LE TANTE FACCE DELLA DISINFORMATIJA: PICCO DEL PETROLIO

La disinformazione in Italia ha tante facce: non si parla dei politici-criminali, non si parla di leggi vergognose che escono dal Parlamento, in generale un certo tipo di notizie conviene non darle. Sono le notizie scomode alla casta, dove per casta non intendo solo i politici (come nel libro di Stella e Rizzo) ma l'insieme di tutte le lobbies che decidono le sorti del nostro paese.

Oggi parlerò di una delle tante facce della disinformatija: la totale assenza di informazione riguardo il picco del petrolio. 
Il primo a parlare di picco del petrolio fu Marion King Hubbert, nel 1956. Il geofisico americano previde che le risorse petrolifere, carbonifere e di gas americane sarebbero arrivate al loro picco ad inizio anni '70. Per capire il concetto è necessario spiegare la teoria da cui Hubbert partì per studiare le risorse energetiche americane: osservando i dati riguardo l'estrazione del carbone dai giacimenti della Pennsylvania, Hubbert concluse che ogni giacimento fossile viene sfruttato al massimo solo inizialmente, quando cioè l'estrazione è più facile e quindi meno costosa. Man mano che diminuisce la disponibilità di un giacimento costerebbe troppo continuare ad estrarre, e quindi il giacimento viene abbandonato. Attraverso studi approfonditi non solo si può arrivare a definire il picco di un giacimento, ma addirittura si può dire con discreta precisione quando la disponibilità energetica mondiale arriverà al suo picco e quindi inizierà ad esaurirsi. Secondo gli studi dell'ASPO (Association for the Study of Peak Oil and gas) IL PICCO DEL PETROLIO MONDIALE NON SUPERERA' DI MOLTO LA META' DI QUESTO SECOLO. Gli studi sono completamente attendibili, documentati e provati. Ma nessuno lo sa. Se comprendiamo le altre fonti non rinnovabili (carbone e gas) ritardiamo il processo di qualche anno, senza arrivare a nessuna soluzione. 
Un altro problema che deriva dal picco del petrolio è l'aumento del costo della benzina. La disinformatija ci dice che questo è causato dalle guerre in medio-oriente e da altri problemi socio-politici. Niente di più falso. Estrarre il greggio alla bocca di giacimenti nei deserti arabi costa relativamente poco. Se dipendesse da questi giacimenti il petrolio costerebbe 20-30$ al barile. Se oggi invece costa più di 100$ al barile (ed è in costante aumento) è perché i giacimenti "facili" si stanno esaurendo e le compagnie petrolifere sono costrette ad estrarre in condizioni svantaggiose, che richiedono grandi spese. Ad esempio Eni, Shell e Total estraggono una cospicua parte di petrolio in Kashgan, una zona del Kazakistan. Il problema è che non solo i giacimenti sono molto in profondità, ma siccome sono sotto un lago ghiacciato quasi tutto l'anno si lavora a temperature non superiori a -35°C. Come il Kashgan esistono molte altre zone in cui l'estrazione del petrolio costa molto.
E' inutile continuare a discutere sul problema dell'aumento del petrolio e sulla necessità di abbassare i prezzi (altra, enorme, falsa informazione). Non c'è modo di farlo, a meno che non ci sia una recessione talmente forte che sì il prezzo della benzina calerebbe, ma non avremmo comunque i soldi per pagarla proprio a causa della recessione. Insomma il prezzo del petrolio è destinato a salire di anno in anno finché, tra molto meno di un secolo, si esaurirà completamente. 
Se non si inizia da oggi una campagna di ricerca e attuazione del rinnovabile non saremo pronti quando saremo obbligati a sfruttare unicamente le fonti rinnovabili.

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